Fare la maestra come si cambia negli anni

maestra come fare mestiere scuola

Quasi vent’anni nella scuola dell’infanzia e tanti alti e bassi in un mestiere tanto particolare e inafferrabile quanto divertente ed entusiasmante.

Non ho mai pensato ne condiviso chi diceva che per fare la maestra fosse necessaria la vocazione, ho sempre sostenuto e ancora lo sostengo che è un lavoro, non una missione, non siamo crocerossine. Certo, è necessaria una sensibilità, un’attenzione verso i diversi fruitori dell’azione educativa che probabilmente per altri mestieri non è necessaria.

Fare la maestra vuol dire relazionarsi quotidianamente con i colleghi, il personale ata, i genitori e i bambini.

Ho volutamente scritto per ultimo i bambini perché solo quando si riesce a superare in maniera indenne la relazione con gli adulti finalmente si chiude la porta e ci si siede in cerchio, su minuscole sedioline a guardarsi negli occhi e a iniziare a raccontarsi.

 Un giorno vi svelerò la giornata tipo alla scuola dell’infanzia, ma adesso voglio concentrarmi sul mestiere, su come sono cambiata io in quasi vent’anni di lavoro.
Sembrerà strano eppure il cambiamento più eclatante è arrivato quando per un periodo ho fatto da babysitter a due bimbe. Sono entrata nella loro casa, nella loro famiglia nella loro vita con tutte le mie regole, i miei principi e ne sono uscita con una consapevolezza e una nuova idea della realtà educativa.
Questo periodo fa da spartiacque fra il mio essere la maestra rigida e inflessibile al mio essere maestra che si pone in ascolto.
Quello che fa di una maestra LA maestra é proprio la capacità di ascoltare, di calarsi all’interno della famiglia del bambino, capirne le dinamiche, coglierne le sfumature non dette e adeguare il proprio intervento educativo. Ogni azione educativa deve essere mirata al singolo bambino con un’attenzione verso quello che lui è: figlio di quella famiglia, con la propria storia e il proprio vissuto da rispettare senza pensare di volerlo cambiare.
Accogliere un bambino significa accogliere la sua famiglia con tutte le fragilità di chi mette al mondo un figlio senza aver fatto nessun corso di formazione e senza aver superato nessun esame di buon genitore. Io ho impiegato tanti anni per fare questo passaggio nel mio mestiere, per passare dall’essere chi forma a chi si mette a servizio della formazione e ancora sono ben lontana dall’essere una maestra capace di non esprimere giudizi, di non essere vittima di pregiudizi, quando osservo i modi dei bambini e in essi vedo il loro essere figli.
Oggi sono anche dall’altra parte, sono mamma e incontro le maestre di mia figlia, da loro mi aspetto di essere accolta, di essere sopportata e supportata nell’azione educativa di questa piccola bellezza che ho fra le braccia e che condivido con loro ogni giorno.

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