Recensione: Mandorle, miele e frutta candita


Mandorle, miele e frutta candita di Fabio Innamorati e Giovanna Ranaldo, Edizione Albatros.


Un romanzo dolce e caldo, che si fa leggere con piacere e fa compagnia come un bel fuoco acceso in un pomeriggio d’inverno.
Ci racconta della vita, con le sue dolcezze e le sue asprezze, della magia dell’incontro giusto e della paura di aprirsi all’amore. Già le ambientazioni ci portano in mondi opposti, dall’aspra intensità di un Afganistan in guerra alla dolcezza di una Sardegna estiva, fatta di mare, sole, cibo e profumi inebrianti, come a ricordarci che la vita è così, che possiamo viaggiare tra diversi stati d’animo e paesaggi interiori, che nulla è per sempre, purché lasciamo che scorra e ci apriamo al nuovo con tutto il nostro coraggio. “Rinnovarsi è sempre un processo lungo e doloroso ma se si guarda al risultato con determinazione, come fanno Max e Lilù, allora si conquista la propria ideale dimensione di felicità” è il messaggio che l’autrice, Giovanna Ranaldo, ci lascia in un’intervista e che lentamente emerge dalle pagine.
Un’opera prima scritta inizialmente per gioco ma curata in tutti i dettagli, dalle succulente ricette alla copertina del libro, appositamente creata dalla pittrice sarda Irene Ruiu. Intrigante, per chi è estraneo a tali contesti, è l’ambientazione del romanzo. L’esperienza in Afganistan appartiene alla realtà professionale dei due autori, e ce la trasmettono così in modo vivido intenso, con tutta la asprezza e il fascino che la caratterizza.

Scritto a quattro mani da un uomo e una donna, contiene in sé già nel suo embrione la dualità per eccellenza, il maschile e il femminile. Come scrive Roberto Riccardi, giornalista e scrittore che ha curato la bella prefazione del libro, “le due metà del cielo si riflettono nell’intreccio del romanzo”. La storia ben rappresenta la danza delle parti maschili e  femminili che ognuno porta dentro di sé prima di incontrarle nell’altro, la danza dell’amore con se stessi e con il partner, che può diventare una magica armonia nell’affiatamento e nel rispetto dell’identità di entrambi. Vediamo nell’uomo e nella donna protagonisti un alternarsi di apertura e chiusura, coraggio e paura, fiducia e delusione, fino alla decisione di lasciarsi andare, di esporsi e ridiventare protagonisti della propria vita, “con la mente, le mani e il cuore aperto al mondo”. Ogni tanto quel coraggio di rischiare e di cambiare che si contrappone al bisogno di certezze e a un’eccessiva razionalità ci dà una grande spinta vitale e può rappresentare un atto liberatorio e terapeutico.
Per conoscere meglio gli autori potete seguirli sul loro sito e su facebook.
Flavia Donadoni

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