Luigi Serafini: una donna carota all’Expo

luigi serafini

La “donna carota” di Luigi Serafini all’Expo di Milano tra critiche e apprezzamenti, ma qual è il suo reale significato?

Chi è già stato all’Expo, avrà sicuramente notato le meraviglie di quel luogo straordinario in cui progresso e tradizione, strumenti fantascientifici e istallazioni artistiche si amalgamano perfettamente, stupendoci dall’inizio alla fine del nostro viaggio.

Nel Padiglione Italia, vetrina ufficiale del nostro Paese in questi sei mesi, è presente la nostra cultura: non troviamo solo cibo, infatti, ma anche innovazioni, progresso e arte.

Farinetti, Patron di Eataly e rappresentante dei prodotti locali italiani di qualità, ha dunque deciso di contribuire all’Expo, organizzando con Vittorio Sgarbi un’esposizione di arte contemporanea. Il Vernissage è stato fatto il 22 Maggio, ma chi è andato prima ha comunque potuto ammirare in anteprima alcuni capolavori artistici italiani degli ultimi anni. Suggestivo è sicuramente “Emmaus”, dell’artista Luca Viapiana: centinaia di scontrini posti nell’opera costituiscono la tela su cui l’artista dipinge: non mera rappresentazione di una società consumistica, ma freddi testimoni di spaccati di vita unici.

Tuttavia, il posto d’onore in questa anteprima è stato riservato a Luigi Serafini: artista eclettico, strampalato, geniale.

La “donna carota” di Luigi Serafini, personificazione e venerazione della natura, in questi giorni ha fatto molto parlare di sé e da molti è stata considerata oscena, banale, maschilista. Una consigliera comunale milanese, in un’intervista ha affermato: “La donna carota è talmente trash che non vale nemmeno la pena parlarne”. Ma il commento più divertente è sicuramente quello della parlamentare del PD, Marina Terragni: “Una salma carotizzata con allusive carote in mano. Ortopornonecrofilia”. E pensare che l’artista l’ha concepita come una sorta di divinità che, come Persephone, trascorre sei mesi sotto terra per poi riemergere rifiorendo.

Le carote presenti nelle sue mani rappresentano, invece, il miracolo della natura che porta i suoi frutti. I conigli presenti ai suoi piedi, invece, non hanno alcuna allusione ma, amanti delle carote, sono attratti dalla loro uscita dal terreno.

Per fortuna a placare gli animi (…o forse a infervorarli ulteriormente…) c’ha pensato il suo Codex Seraphinianus.

Come nel libro “Guida Galattica per autostoppisti” di Douglas Adam, Luigi Serafini diventa un vero amanuense contemporaneo: la sua enciclopedia è scritta in una lingua inesistente, ai confini dei più degni scenari onirici felliniani. Il suo Codex, pubblicato per la prima volta nel 1981 e ristampato svariate volte, ha avuto una sua notevole importanza in ambito culturale, tanto da richiamare l’attenzione di Italo Calvino che scrisse un saggio a riguardo (pubblicato nella sua raccolta “Collezione di Sabbia). Luigi Serafini, con tutta l’ingenuità di un bambino che solo un grande artista può conservare,  immagina mondi fantastici in un costante viaggio tra passato e futuro, attaccamento alle radici e paesaggi futuristici.

Luigi Serafini crea un mondo sui generis, fantastico, dove a pesare molto sono la sua eterna fascinazione per i suggestivi paesaggi africani e il suo profondo legame con Paolo Soleri. Insieme all’architetto, infatti, negli anni ’70 va negli Stati Uniti e lavora al progetto di una città tecnologica ed ecosostenibile, quella di Arcosanti.

Al di là dei possibili commenti personali, è triste notare che molti abbiano inteso l’Expo come una sorta di sagra del prosciutto, lasciandosi sfuggire il focus principale della manifestazione: nutrire il pianeta e creare sviluppo ecosostenibile. Insomma, l’Expo dovrebbe essere un inno a Madre Natura e non al Big Mac a poco prezzo, anche perché i tedeschi ti fanno pagare lo stinco 37€!

Post scritto da Mariacristina Maffeo

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