Meridione mon amour: che significa vivere in un paesino del Sud Italia

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Meridione mon amour… non sempre. Voi la realtà di un paesino del Sud Italia non la conoscete. Tanto si è liberi quanto si è vincolati a stupidi stereotipi e antichi “valori”.

Stereotipi e antichi “valori” fra dicerie e maldicenze.

Sulle coppie, ad esempio:

  • Se sei arrivata alla soglia dei 30 anni e non sei ancora sposata c’è chi avanza l’ipotesi “avrà qualche problema”
  • Se ne hai 40 e non sei sposata non hai più speranze di farlo
  • Se non hai figlio evidentemente invece è perché non puoi averne

Poco importa se il paese – fortunatamente – a volte pare Beautiful. Meridione mon amour…

–  I quarantenni di oggi che si sono sposati 20 anni fa per far contenti mamma e papà, per sistemarsi, per scappare dalla famiglia patriarcale vivono la seconda adolescenza, si separano perché non si amano più – giustamente – e sono pronti, giovani e belli a vivere un nuovo rapporto senza costrizioni, senza vincoli, senza famiglie di mezzo. Loro sono aspramente criticati da sorelle, parenti, cugini acidi, dicono “poteva resistere, doveva farlo per i figli”, poco importa se l’amore era finito, se contavano solo le abitudini, se adesso si ci vuole riappropriare della propria libertà.

– I quarantenni che hanno un rapporto stabile, duraturo e un paio di figli guardano invece, e spesso, con invidia quelli che ce l’hanno fatta senza particolari condizionamenti, ripetono “avessi fatto anche io così, mi sarei goduta la vita”. Invece adesso hanno un paio di figli diciottenni che cercano lavoro così come loro, perché non si può più fare la casalinga modello neanche nel paesino, la vita costa cara.

– Le ventenni o giù di lì si dividono in due categorie – volendo sintetizzare – le prime sono come le loro madri, vogliono sposarsi e accasarsi e si disperano perché ancora non sono fidanzate: in buona sostanza, a volte, penso che vogliano organizzare un matrimonio perché hanno poco altro da fare. Le seconde sono invece il contrario: sono prese da quella giusta dose di riscatto sociale, crescono, studiano, imparano, sanno che senza un uomo possono farcela, non vogliono vivere la favola con un co-protagonista, ma vogliono essere libere di viverla per se stesse.

– Ci sono i bambini fuori dal matrimonio (mi vergogno anche a scriverlo così, ma l’etichetta purtroppo vi farà capire), quelli che arrivano perché “succede” o quelli che si desiderano, ma la risposta del paesino è sempre la stessa “e quindi mò vi sposate, è una sicurezza per il bambino”. Certo signora mia, come se la sicurezza oggi per la creatura si limitasse e riducesse a essere uno scambio di fedi e una mangiata in un ristorante di lusso con 10 portate e 400 invitati. Le garanzie per la creatura sono l’amore, non un matrimonio troppe volte sinonimo di “spreco di soldi”.

– I trentenni o giù di lì sono quelli della favola, il matrimonio principesco, il figlio puntuale dopo i primi 9 mesi, ma tanto amiche, mettiamoli nel cassetto i sogni di una carriera e dell’indipedenza, perché non fare le casalinghe come le nostre madri e le loro madri? Ma poi, son scelte, per carità… Ma l’ho sentito io, alcune manco volevano sposarsi e se avessero potuto scegliere avrebbero di gran lunga preferito una convivenza.

– Le signore più adulte (ma non sono loro e questo è il dramma)  sono sempre pronte a criticare: “Hai saputo? Quella non è sposata ma convive…” – “Sì, signora mia, ma la notizia è un’altra: sono felice, non so se può interessarle ma è la cosa più importante sa

– “Quella è incita, ma non è sposata?” – “Ma amo il mio compagno più di qualsiasi altra cosa, anche in questo caso, signora mia, le garantisco che l’assenza di una fede al dito non farà di noi dei cattivi genitori”.

– “Quei due si sono lasciati, lei se ne è scappata con un altro” – “Semplicemente non lo amavo più e ho preferito dirglielo e non continuare a mentire a me stessa e a lui”.

– Punto cruciale e non di ultima importanza è la questione delle donne che criticano le altre donne (ma questo non accade solo nel paesino, solo si amplifica per via di una dilagante ottusità): se hai un ruolo spesso è perché l’hai data e le prime a sottolinearlo e a spargere la voce sono le donne. Sei stata con il medico per diventare la sua assistenza, con il manager tuo capo perché volevi una promozione: la donna è il suo corpo, sempre e comunque, e le critiche, il più delle volte, provengono da altre donne. Una volta ho provato a dire a una persona del paese che sono stata in un viaggio di lavoro con 4 colleghi MASCHI e il mio capo, mi ha guardato male, malissimo e mia madre mi ha fatto cenno di cambiare discorso perché era troppo difficile da capire e troppo facile da giudicare – in paese bisogna dire che i viaggi li fai con le amiche e che non convivi – altrimenti il genitore che resta deve ogni santo giorno sentirsi attaccato per le scelte dei figli. Al panificio le signore ti fermano e ti chiedono quando ti sposi – e non come stai – il più delle volte sono gli altri che sognano per te la vita che hanno avuto loro, non ho mai capito cosa cambia a loro il vedere una persona sposata o meno.

Questo post nasce in seguito ad alcuni articoli in merito alla 16enne calabrese violentata per 6 anni da 9 uomini e all’omertà diffusa tra insegnanti e famiglia. Nasce in seguito all’idea che mi sono fatta – del tutto personale – del tessuto sociale e del contesto in cui la ragazza vive. Non qui, e non c’è bisogno neanche di dirlo, mi sono soffermata sull’ovvia brutalità dell’accaduto e su quanto i 9 uomini coinvolti siano delle bestie umane!
Il punto è che pare che scuola e famiglia sapessero ma che hanno – volontariamente – fatto finta di nulla per non “sfigurare” nei confronti del paese. Un evento drammatico e crudele frutto di ignoranza. Un episodio che andrebbe denunciato in tutta la sua brutalità. Alcuni hanno commentato “se l’è cercata”, è vergognoso!

Cosa c’entra quello che ho scritto prima? In alcuni contesti, paesini e non, ma tra le persone, un certo tipo di persone, è necessaria un’inversione di tendenza, è necessario estirpare stereotipi, è fondamentale educare a sganciarsi dall’idea di donna come “femmina e madre”, ad allontanare valori ancorati a un passato diverso e lontano. E’ necessario ripercorrere dei passaggi fondamentali che devono portare a un’indipendenza sessuale, amorosa, intima, di genere, mentale, sentimentale.

Credo fermamente che il tessuto sociale condizioni e alimenti determinati atteggiamenti: lo stesso che ha alimentato l’esercizio del potere maschile su una 16enne ha alimentato omertà nei confronti di una cosa considerata “una vergogna” e messa a tacere.

Mi scuso per chi si sia sentito offeso o toccato da questo post.
Mi scuso per il dilagante e incessante fluire dei pensieri e anche se sono sembrati fuori argomento.
Ma ragazze, donne, vi prego, allontanatevi dalla coscienza omertosa di un paese che non vi rappresenta, non fate determinate scelte solo e soltanto perché “si fa così”, parlate con quante più persone possibili di quello che vi accade e se notate atteggiamenti ambigui da parte di un uomo segnalatelo più che potete. Non dovete stare zitte e fare le cose che si fanno o che fanno le vostre amiche!

Donne, siate solidali con le altre donne, siate amiche, complici, siate aperte, non giudicate chi ce l’ha fatta o ha fatto diversamente da voi.

Spettegolate, non giudicate.

Sarebbe davvero un sogno poter dire Meridione mon amour al di la del mare e del sole che neanche sappiamo trattare con cura.

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Le foto dei paesi del Cilento sono state gentilmente concesse da Giusy Cilente

1 Comment

  • Avatar michelotta scrive:

    Crescendo ho capito che i giudizi nascono perché spesso non si ha il coraggio di scegliere ciò che veramente si vuole. Azzardo, forse il tuo può essere togliersi qualche sassolino dalla scarpa, ma io ho inteso il senso più vero e profondo: il collegamento con quella storia brutta brutta nasce proprio in quella cornice di arretratezza e di logica assurda di famiglia.

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