Van Gogh, l’uomo e la terra: a Milano fino all’8 marzo

Van Gogh

Fino all’8 Marzo 2015 a Palazzo Reale a Milano la mostra di Van Gogh: l’uomo e la terra, una lettura inedita, legata al tema “terra, natura e alimentazione” di Expo 2015, partner della mostra, che si terrà sempre a Milano da Maggio a Ottobre 2015.

Anche Van Gogh, può essere considerato un outsider del suo tempo! Verso la fine del XIX secolo, infatti, mentre la gran parte degli artisti e degli intellettuali resta affascinato dai progressi tecnologici e dal meraviglioso mondo urbano, figlio dell’industrializzazione europea, l’artista olandese decide di andare controtendenza, legandosi ancora di più al mondo agreste e alle sue origini contadine. I suoi personaggi sono eroi romantici, molto umili ma pieni di dignità. Nel comunicato stampa, la curatrice Kathleen Adler, esperta del movimento impressionista, scrive: “nella vita di Vincent, eternamente in movimento, precario, tormentato, incapace di mettere radici, di adeguarsi alle convenzioni della società e in perenne conflitto anche con la famiglia, esiste un unico legame costante e indissolubile: quello con la terra e le sue fatiche”.

La mostra inizia con un autoritratto che Van Gogh, dipinse osservando attentamente la sua immagine allo specchio. Oggi la gran parte dei nativi digitale lo definirebbe un “selfie dei tempi andati”. Il suo sguardo, impregnato di un’intensa carica emotiva, ci aspetta all’ingresso, come un buon padrone di casa, dandoci l’impressione di conoscerlo da sempre e facendoci gustare appieno il nostro viaggio nel tempo, per i campi di Amsterdam.

Articolato in sei sezioni (l’uomo e la terra, vita nei campi, il ritratto moderno, nature morte, lettere, colore e vita), il percorso parte dai primi disegni, attraverso i quali riesce ad acquisire un suo stile personale, fino all’immersione totale nel paesaggio (ultima sezione), vissuto quasi come una rivelazione.

Il fulcro è “il contadino” che, insieme alle nature morte, rispecchia la rustica semplicità, ineffabile per gli osservatori più attenti e sensibili, che anima la vita nei campi. L’intera mostra è raccontata dallo stesso Van Gogh, attraverso le molte lettere che spedì al fratello Theo, le quali raccontano tutta l’arte, la poetica dell’artista e che sono anch’esse esposte in mostra.
L’allestimento è curato, invece, dall’architetto giapponese Kengo Kuma che, in contrasto con il percorso espositivo minimalista, costituito da grandi pedane di simil-juta, immerge le opere in un’atmosfera cupa, cavernosa, basata su giochi di luce a effetto che lasciano trasparire tutto il travaglio e l’inquietudine presente in ogni dipinto.

Non si tratta di un allestimento scontato, quasi didattico, fatto di esplosioni di colori che hanno reso Van Gogh un personaggio pop. Al contrario, ne viene messo in evidenza il lato oscuro, non sempre lasciato trasparire. Sono comunque esposti anche i suoi lavori più famosi, come i mangiatori di patate, il Paesaggio con covoni, la luna che sorge o il ritratto di Joseph Roulin. Il risultato però è una lettura diversa che accentua il drammatico percorso interiore di Vincent che, come noto, lo porterà poi al suicidio.

Questa insolita esposizione dimostra dunque che non esiste mai un solo punto di vista, che tutto, soprattutto l’arte, può nascondere al suo interno una lettura sempre nuova.

Ma, soprattutto, non bisogna mai smettere di interrogarsi e di mettere in dubbio qualsiasi cosa onde evitare di banalizzarla fino ad annullarla.

 

mostra-van-gogh-milano

van-gogh-milano-mostra

van-gogh-milano-recensione

Post scritto da Mariacristina Maffeo

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *