Italiano medio di Maccio Capatonda, la recensione

Italiano Medio

Italiano medio, un filMaccio! L’artista abruzzese Marcello Macchia in arte Maccio Capatonda si presenta al grande pubblico con la sua opera prima “Italiano Medio” che rielabora ed espande le sue scenette “metafisicomiche” fino a creare un vero e proprio film.

Film nato da un trailer finto poi diventato vero che racconta la storia di Giulio Verme (nome per i “colti” che hanno “colto” l’affinità sgrammatica con lo scrittore francese ) il quale, ottenebrato dai problemi del mondo fino alla più completa spersonalizzazione, si trasforma in un buzzurro italiano medio, italcafone, ingorgitando una pillola che inficia sul quoziente intellettivo, catapultandolo nel mondo vacuo e inutile dei reality. Circondato da personaggi surreali il nuovo “Giulio” si comporterà in modo stravagante ed esilarante infischiandosene di tutto come sintetizzato dal tormentone amechemenefregaame che rappresenta in pieno il pensiero di certa gente egocentrica ed egoista.

Il film, come suggerisce il titolo, vuole ovviamente dipingere i tratti caratteristici degli abitanti del Belpaese estremizzando gli opposti per poi proporre al pubblico come risultato il giusto equilibrio tra l’arroganza e l’altruismo, la generosità e la morbosità, l’onestà e il compromesso tipici dell’italiano medio, il tutto contornato dalla peculiare comicità dell’autore (a mio avviso il segno distintivo della pellicola) che alla sua maniera racconta la storia con un registro comico non comune, pescando tra le oscenità mediatiche sperimentando neologismi sgrammaticati e giocando tra il surreale e il nonsense.

Tale linguaggio rappresenta un filone del tutto nuovo nel panorama comico nostrano per cui quella parte di pubblico che ancora non lo ha visto nei panni di Mariottide o Padre Maronno non dovrà solo pensare ad uno spettacolo demenziale e superficiale come potrebbe sembrare a primo avviso ma all’esordio cinematografico del nuovo fenomeno comico italiano.

Mmobbastachemisonostufatodiscrivere!

Contributo di Ivan A. Ruis

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