Come nelle favole: da Cosenza arriva lo Zafferano del Re

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Questa è una storia di donne, donne imprenditrici e di successo, come il loro prodotto: una spezia pregiata e purissima, lo zafferano del Re.

Se c’è un termine adatto per descrivere le sorelle Linardi quello è caparbietà. Perché Maria Concetta e Benedetta – le due titolari dell’Azienda agricola Linardi – nel loro piccolo, grande sogno ci hanno creduto sin da subito e hanno lavorato sodo per proteggerlo e realizzarlo.

Nonostante i consigli non richiesti di chi gli suggeriva di andarsene dalla Calabria, nonostante le difficoltà oggettive che sapevano di incontrare scegliendo di metter in piedi un’impresa dal nulla. Nonostante la paura di rimettersi in gioco dopo anni di studi e scelte di vita che le avevano portate a immaginarsi dietro a una scrivania a centinaia di km di distanza da casa. “Era una sfida e sapevamo che non sarebbe stato semplice. Ma in ogni cosa ci sono i pro e i contro. Il grande pro in questo caso è stato aver creduto in un sogno. Perché se ci credi sei già a buon punto per farcela”.

E così, poco più di tre anni fa, animate solo da passione e intraprendenza, le due giovani originarie di Cosenza hanno ristrutturato un piccolo immobile nel centro storico di Castiglione Cosentino in cui hanno ricavato un ufficio e un laboratorio. E hanno deciso di ridare vita ai terreni di famiglia abbandonati e trascurati da troppo tempo, diventando le produttrici di una spezia pregiata e purissima: lo Zafferano del Re.

Laureata in scienze della nutrizione Maria Concetta, dottoressa in scienze politiche e dell’amministrazione, con un passato da impiegata in Veneto, Benedetta. La prima, forse per deformazione professionale, ci tiene subito a chiarire che “lo zafferano del Re non è come quello che i grandi marchi vendono nei supermercati. Si tratta di un prodotto puro e genuino e i consumatori devono saperlo”. La seconda invece giura che in azienda non ci sono dei ruoli preconfezionati e stabiliti. Ma quella deputata a presentare il loro lavoro nei convegni e nelle manifestazioni, non si sa bene perché, è quasi sempre lei.

Due percorsi di studi molto diversi tra loro e molto distanti dal tipo di attività che hanno intrapreso. Due stili di vita differenti e due personalità a tratti opposte. Ma da sempre la volontà condivisa di coltivare una passione comune e di creare un lavoro da amare e di cui andare a fiere. E soprattutto di riuscire a farlo nella terra che le ha viste nascere.

Partire con l’impresa non è stato semplice. Il primo anno è stato dedicato solo alla preparazione, all’approfondimento. Un percorso fatto di studio e di visite in altre aziende per riuscire a prepararsi alla gestione dell’attività e per capire quale sarebbe stato il prodotto perfetto da cui partire. Poi un lungo periodo di test sul terreno e sulle coltivazioni, di analisi e certificazioni di qualità e commerciabilità ottenute dall’Università della Calabria dove, per altro, entrambe hanno studiato. Solo a partire dallo scorso anno la sfida è diventata effettiva e reale.

Oggi le due sorelle Linardi si definiscono artigiane più che imprenditrici. Perché seguono personalmente e in ogni fase la vita e lo sviluppo del loro prodotto. Dalla messa in dimora dei bulbi alla raccolta, dall’essicazione alla lavorazione, dal lancio commerciale alla promozione sul territorio. “Abbiamo dovuto imparare tutto: dal piantare i bulbi fino a capire quale fosse la strategia social migliore per farci pubblicità. Per noi quello imprenditoriale era un mondo completamente nuovo”. La loro è stata una sfida importante in cui hanno creduto e su cui hanno puntato. E – a distanza di qualche anno – iniziano a intravedersi i primi, tangibili e soddisfacenti frutti.

 “All’inizio nemmeno i nostri genitori ci credevano davvero. Hanno sempre fatto il tifo per noi ma ci ricordavano che non avevamo l’esperienza adatta per gestire un’azienda – racconta Benedetta –. Non lo facevano di certo per scoraggiarci. Ma si sa: un genitore cerca sempre di metterti in guardia, di tutelarti, di crearti un piano B un po’ più sicuro. Hanno appoggiato la nostra scelta ma ci dicevano sempre di tenere d’occhio questo o quel concorso.

Le due non hanno una tradizione agricola familiare alle spalle. La mamma, insegnante come le loro zie, le avrebbe viste bene a seguire le sue orme in cattedra. Forse perché appartiene a una generazione abituata a sperare nel “posto fisso” e poco incline al rischio e al cambiamento. “Ma questo lavoro ci piace – dice Maria Concetta – ci rende felici. È arrivato dopo anni in cui entrambe ci eravamo dedicate ad altro. Poi, finalmente, siamo riuscite ad appassionarci a un progetto comune e, giorno dopo giorno, abbiamo scoperto che ci piace. Tanto”.

Ma perché proprio lo zafferano?

La scelta di coltivare questa spezia pregiata e dal sapore deciso e corposo è nata un po’ per gioco. Studiando quale fosse il prodotto adatto al clima della Calabria e alle caratteristiche del terreno di famiglia, le due sorelle si sono innamorate di questi fiori viola e profumati e hanno addirittura scoperto che già in epoca greco-romana fino a metà dell’800, proprio nelle campagne intorno a Cosenza, si produceva zafferano in ingenti quantità. Tanto da riuscire a esportarlo nelle altre regioni italiane e all’estero.

La scoperta, dicono, le ha sorprese e non poco: quando si fa riferimento alla cucina tipica calabrese o alla dieta mediterranea, si parla di cedro e peperoncino ma non si pensa certo allo zafferano (che per lo più leghiamo al pensiero del risotto alla milanese!). Eppure, proprio nella punta dello stivale, si ritrovano tracce storiche che riportano a un’antichissima coltivazione del cosiddetto “oro rosso”.

Non si hanno notizie di come e perché questa produzione si sia a un tratto interrotta. Probabilmente con il trascorrere del tempo, lo zafferano non ha trovato particolare fortuna in una terra povera come la Calabria, abitata dalla seconda metà dell’800 in poi soprattutto da marinai e agricoltori più che da commercianti, che hanno evidentemente preferito intensificare la produzione di frutti e di verdure, utili per sfamare le famiglie umili e numerose dell’epoca. Ci sono volute due giovani testarde e piene di entusiasmo per riportare lo zafferano a casa a qualche secolo di distanza.

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Nel nome scelto per il loro prodotto, raccontano Maria Concetta e Benedetta, c’è un po’ di storia, un po’ di leggenda e un po’ di provocatoria e sana ironia. Il re a cui si fa riferimento è Alarico I, sovrano dei visigoti morto nel cosentino che prima della sua scomparsa avrebbe nascosto un tesoro nella città Bruzia.

Proprio nel periodo in cui l’azienda Linardi nasceva, a Cosenza si dibatteva molto di questo fantomatico tesoro, su dove potesse essere. Tutti ne parlavano, tutti erano curiosi. Sono stati addirittura organizzati scavi e ricerche sul campo. “Questa cosa ci ha fatto un po’ sorridere: tanti sforzi per cercare qualcosa di inesistente quando fondamentalmente il vero tesoro e oro di casa nostra è l’agricoltura” sostiene Benedetta. E continua: “Abbiamo scelto un simbolo che parla di Cosenza per sottolineare il legame con casa nostra, ma voler affiancare lo zafferano ad Alarico è stato anche un gioco che nasconde una motivazione un po’ più seria e per noi fondamentale: ricollegare l’agricoltura alla ricchezza del nostro territorio”.

Sarà per le loro giovani età, per la capacità di mettersi in gioco, sarà perché un sogno – quando è quello giusto – a un certo punto si realizza. Ma Maria Concetta e Benedetta in quasi quattro anni di attività sono perfettamente riuscite nel loro intento: coniugare tradizione e innovazione, storia e progresso. Arrivando ad appassionare commercianti e ristoratori, scuole e associazioni e a parlare di un argomento considerato “antico” come l’agricoltura anche su Facebook o Instagram.

In questi anni hanno stretto legami con altre eccellenze calabresi e fondato importanti e interessanti rapporti di collaborazione e promozione reciproca, che spaziano dalla creazione di nuove ricette degli chef cosentini basate sull’utilizzo dell’“oro rosso di Calabria”, fino alla nascita di prodotti come il miele e la farina aromatizzati allo zafferano. Hanno vinto premi e avuto riconoscimenti di eccellenza. Ma ciò di cui le due ragazze vanno particolarmente orgogliose è essere riuscite a mettere in piedi, passo dopo passo, un’azienda sostenibile che non utilizza prodotti chimici nelle sue coltivazioni e che si basa sul raccolto a mano. E di aver creato un circuito economico-culturale intorno alla loro piccola impresa che oggi offre un lavoro stagionale a circa 15 persone.

Lo zafferano si pianta infatti a fine agosto e fiorisce a ottobre, si tratta quindi di una coltivazione breve che permette l’impiego di collaboratori solo per tre/quattro mesi all’anno. Ma tra i sogni delle Linardi c’è quello di ampliare la produzione, arrivando a coltivare altre spezie che possano sfruttare il terreno per quasi 12 mesi, e far crescere l’azienda per loro stesse e per riuscire a dare un lavoro stabile ad altri giovani.

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Abbiamo un forte legame con il territorio. Rimanere qui è stata un po’ una scommessa, se così la vogliamo chiamare. E se abbiamo deciso di restare è perché la nostra priorità e il nostro principale interesse è produrre cercando di far crescere la nostra regione. Dovremmo tutti fare uno sforzo e cercare di vivere nella terra che ci ha visti nascere invece di partire. – conclude Maria Concetta – Non è facile, ci vuole molto coraggio e lo stiamo provando sulla nostra pelle, ma ci dobbiamo provare. La Calabria ha bisogno di brillare di più, perché ha tutte le carte in regola per farlo e perché se lo merita”.

Post a cura di Maria Francesca Amodeo

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